Botto e Bruno

CONTIENE ARTE
Parco di Via Magnaghi alla Garbatella
Lunedì 9 Giugno ore 18:00

SCUOLA ELEMENTARE MARTIN LUTHER KING
di BOTTO E BRUNO

A cura di Simona Cresci

Il 9 Giugno il piccolo container commerciale situato nello spazio pubblico del parco di Via Magnaghi alla Garbatella a Roma, sarà contaminato dall’installazione video del duo torinese Botto&Bruno con un testo di Massimo Ilardi.

Il quarto appuntamento del progetto CONTIENE ARTE, ideato da Gianluca Lipoli con la cura espositiva di Simona Cresci, conferma una dinamica territoriale ribaltata in cui la periferia è cuore pulsante della città e che attraverso l’installazione e la decontestualizzazione di un container, feticcio dell’era commerciale, mira alla ridefinizione di spazi urbani attraverso un dialogo attivo con l’arte contemporanea.

L’opera di Botto&Bruno dal titolo Scuola elementare Martin Luther King riunisce nello spazio del container un video inedito e un’installazione, che ricrea l’ingresso di una scuola elementare parigina. Dando forma a uno spazio grigio e claustrofobico in cui risaltano i corpi dei bambini che giocano, Botto&Bruno evitano indagini psicologiche portando lo spettatore a una riflessione emotiva sugli spazi e sulle realtà sociali di paesaggi suburbani.

Gianfranco Botto e Roberta Bruno sono cresciuti in periferia, nella Torino industriale degli anni Settanta e Ottanta. Il luogo dove ancora oggi vivono: Mirafiori.Al centro del loro lavoro mettono la periferia, la cultura della strada e i suoi simboli, i paesaggi postindustriali e il loro degrado. Per i loro racconti Botto&Bruno utilizzano diversi mezzi espressivi: dal video al disegno, dall’installazione alla foto, fino alla musica, unica costante.

L’opera di Botto&Bruno sarà visibile tutti i mercoledì e venerdì dalle ore 16:30 alle 18:30.

Ufficio stampa: Chiara Carlucci cell.3283174320 cleare83@yahoo.it


Di Massimo Ilardi
Le opere di Botto&Bruno hanno sempre un valore aggiunto, e cioè la possibilità del giudizio di sconfinare nel dall’ambito puramente estetico, e proprio in un periodo dove invece l’estetica finisce con l’invadere tutto. E’ disordine, nell’anarchia, nella disarmonia, continuamente presenti come fili conduttori della loro produzione artistica, che affiora la volontà dei due artisti di non farsi rinchiudere nella trappola neoromantica dell’accettazione del mondo cosi com’è; che emerge la presa di coscienza di una contemporaneità che è innanzitutto mancanza di forma, generata, in questo caso, sia dal gioco caotico di un gruppo di bambini, sia dalla comparsa improvvisa di una bambina isolata e indifferente rispetto al gruppo stesso; e che, infine, si intravede uno spazio grigio, spigoloso, fuori centro, claustrofobico. Non è uno spazio liscio dove potrebbero felicemente e fluidamente scorrere i simboli multicolori di una realtà trasformata in immagine: é invece uno spazio duro, pensato e costruito per limitare, escludere, costringere corpi. Botto&Bruno non sono interessati a narrazioni psicologiche: una scelta scomoda rispetto a tutti gli appassionati ricercatori di finezze estetiche e di incontri nell’intimo, ai cultori esaltati del virtuale, ai frequentatori assidui dei paradisi semiotici che considerano l’individuo metropolitano solo nella sua infinita interiorità. Qui ci sono dei corpi che agiscono, che risaltano netti nel paesaggio, anzi lo occupano relegandolo sullo sfondo.